Alcuni versi di LORD BYRON. Bologna Stamp. del Giardino 1830 p. 18.
Delle quattro brevi composizioni dell'inglese poeta in quest'opuscolo volgarizzate, recheremo la prima per saggio.
Ella s'avanza, come bella, in cielo
Stellato, sorge una notte serena
Ne' climi a cui non fan le nubi velo.
E quanto han più soave ed ombra e luce,
Nel suo sembiante, nelle sue pupille
Tutto s'accoglie, e vi s'attempra, e luce.
Aggiungi un'ombra o scema un raggio ai begli
Anelli della chioma: è tolto il caro
Incanto de' nerissimi capegli,
Che tanta aggiungon grazia al suo bel viso;
Nel cui sereno de' pensier secreti
Tutto si mostra, come puro è 'l riso.
E 'l sorriso, e 'l rossor, che ad ora ad ora
Le molli gote, la tranquilla fronte
Dolce parlante avviva ed incolora,
Dicono come puri andâr suoi giorni,
Com'ella pace colla terra s'abbia,
Come sola innocenza in lei soggiorni.
Dopo citati questi versi, si può, cred'io, pronunziare il nome dell'egregio traduttore, il Sig. Agostino Peruzzi.
Le tre prime poesie di Lord Byron che qui leggiamo, son tratte da quelle brevi composizioni che a lui piacque intitolare Hebrews Melodies. In esse, a dir vero, ben poco è che sappia d'Ebreo. — Della stranezza di questo titolo noi non parleremmo se non vedessimo altri imitatori di quell'uomo singolare per ismania d'originalità andar cercando la Poesia al di là de' mari e de' monti, quasichè gli argomenti più prossimi a noi non sian sempre al genio vero più poetici di tutti, perché più impregnati d'affetto, e però più efficaci sugli animi altrui. Basta bene che nella tragedia e nel dramma il poeta sia posto alla dura prova di penetrar nel secreto d'uomini e di tempi lontani, e rappresentare quel ch'egli in gran parte ignora, o non conosce se non per le generiche e sposso fallaci norme d'una ideale analogia, senza ch'anco la lirica debba per capriccio porsi a questo duro cimento. L'imitazione cieca degli uomini originali è stata una peste della letteratura: ma l'affettata originalità, che, quando più vuol parer tale allora è che più grettamente imita, questa è, secondo noi, una peste più miserabile ancora.
Il ch. traduttore dice di condannare nell'arti non la temperata libertà, ma la stemperata licenza. E anche noi siamo del medesimo avviso: e queste brevi osservazioni gli facciano fede che noi non cerchiamo negli oltramontani ciò ch'è meramente straniero, e molto men ciò ch'è strano, ma in tutti ciò ch'è bello, naturale, spontaneo.
K. X. Y.