

Year | 1823 |
Issue | 12C |
Page(s) | 150-151 |
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Nè vogliamo terminar quest'articolo, senza parlare di un'opera che venne pure in luce nel corso di quest'anno, e che ha tanto più eccitata la nostra curiosità in quanto che non ci è stata indirizzata ne dall'autore, nè dall'editore; e abbiamo anzi stentato molto a procurarcela. Non potendone dire tutto il bene che vorremmo, eravamo tentati di passare sotto silenzio una produzione che l'autore sembra non aver fatta stampare che per i suoi amici; ma avendone reso conto un altro giornale, e sapendo forse l'autore le premure da noi fatte per ottenerla, il nostro silenzio potrebbe essere interpretato troppo sinistramente, e ci crediamo in dovere di romperlo.
Trattasi dunque di un romanzo pubblicato in Roma, in francese, sotto il titolo di Amélie, ou le Manuscrit de Thérèse de L. par mad. MARTINETTI née COMTESSE ROSSI. Un vol. di 170 pag. in 8.°
Una donna che non è nata francese, e che scrive in francese con tanta facilità; che sa esprimere in quella lingua dei sentimenti cosi delicati come sono quelli che mette in bocca al figlio della sua immaginazione, e che sa delineare con t anta felicità di tatto, e con tanta grazia i diversi ritratti dei suoi amici, è senza dubbio una donna fornita d'infinito spirito, e di molta istruzione. Ma come mai la sig. Martinetti non ha ella riflettuto, ella che tanto conosce la letteratura francese, che avvi una immensa distanza fra il parlare superiormente una lingua, e sopra tutto la francese, ed il poter tentare di scriverla con buon successo in uno dei generi che presentano le maggiori difficoltà? Che si scriva in una lingua straniera un libro scientifico, la relazione di un viaggio non sentimentale, un'epistola familiare, o su qualunque
altro soggetto, per il quale il fondo la vinca sulla forma, va benissimo; ma tentare di fare un romanzo nella lingua che non abbiamo succhiata col latte, è uno esperimento che tanto più ci sorprende nella signora Martinetti, in quanto che nata italiana, e padrona della nostra dolce e bella lingua, come sappiamo che ella è, avrebbe potuto fare un libro che il pubblico avrebbe approvato ed applaudito, mentre gli elogi i più pronunziati non possono essere sinceri per la sua Teresa, se non che nel mezzo di una società, dall'entusiasmo per le grazie e per lo spirito dell' autore portata all'indulgenza.
Lo stile è l'uomo, disse già qualcuno; lo stile è il romanzo diremo noi dal canto nostro: e siccome non si può avere veramente uno stile suo che nella propria lingua, così bisogna concluderne, che quand'anche il romanzo, che la signora Martinetti ha concepito in italiano, non lasciasse niente da desiderare, egli avrebbe perduto molto della sua espressione e della sua fisonomia nella traduzione francese; poichè la sig. Martinetti deve pensare in italiano ciò che ella vuole scrivere in francese.
Un romanzo la di cui morale e lo svolgimento sono così semplici, una successione di scene di famiglia e di società ben ritratte al vero, ma scevre d'ogni interesse drammatico, esigono una penna estremamente esercitata, e quel colorito che si ritrova nei romanzi della signora Pichler e della signora Montolieu.
Concludiamo. La signora Martinetti ha procurato a' suoi amici una lettura molto piacevole e niente di più; ma ella prova con questo saggio, che potrebbe fare infinitamente meglio, quando tentasse di scrivere in italiano un romanzo, il cui soggetto e caratteri fossero tratti dalla società e dai costumi italiani. Ognuno le saprebbe buon grado degli sforzi che ella facesse per riuscire in questo genere, darebbe un buon esempio, e renderebbe un vero servigio alla nostra letteratura.