Cecilia. Novella tratta da un fatto veridico. — Venezia, 1823, stamperia Picotti per conto dell'autore. In 8.°, di pag. 40.
Le novelle, sì in versi che in prosa, nella letteratura italiana erano come a dire l'arena dove giostravano gli ingegni più bizzarri e vivaci. Ma da qualche tempo ne sono venute in uso alcune di un genere affatto diverso, che noi amiamo dir figlie primigenie del romanticismo. Ed era ben naturale che mentre si tentava di svellere dalle fondamenta l'antica ragione poetica, coloro che hanno bisogno di scriver versi, non potendo aspettare insino a tanto che la controversia fosse decisa, si dessero a quella maniera di componimenti, nella quale nè avessero d'uopo di star sempre colle regole aristoteliche alla mano, nè loro fosse mestieri dichiararsi apertamente aderenti alla nuova scuola. Ma egli accade sempre che dove siano due fazioni, la sola inerzia può sottrarsi alla necessità di esser creduta aderente all'una od all'altra; e che chiunque vuol essere attivo debba mostrarsi devoto a qualcheduna di esse. Così i recenti novellieri si accusarono romantici per quell'amore col quale elessero argomenti tristi e lugubri, e per avere amati gli spettri, i gufi e tutta quell'altra suppellettile poetica di cui è ricca codesta scuola.
E di tal genere è anche la Cecilia che qui annunziamo. Un giovane sotto abiti femminili accolto in un monastero, s'innamora di una delle sorelle colle quali è posto, siccome fra sue compagne; e trovatala addormentata, turpemente abusa di lei e della sua innocenza. La quale conoscendo quindi la miseria della sua condizione, deliberata di non più vivere, finge di secondare i consigli dello sleale giovane, fugge con esso lui dal monastero, e mentre egli più si crede di averla in sua balia, essa gettasi in un fiume e vi muore. Divulgatasi poi la fama di questo fatto, l'iniquo è posto prigione, e già è vicino ad essere condannato, quando i suoi parenti pervengono a sottrarlo alla meritata pena. Ma sorge allora il rimorso nel suo cuore, si riduce in una solitudine, ed abita al pari dei gufi dentro ai crepacci di un monte: e quivi appunto lo trova il poeta.
Questo componimento è di sì brutta condizione, o se ne consideri l invenzione e la condotta, o lo stile e la verseggiatura, che noi non ne avremmo fatta parola se non avessimo creduto di dover cogliere anche questa opportunità per ritrarre la gioventù da questi pretesi e fallaci fonti di bello, di sublime e di poesia.