[...]
I lettori saranno indulgenti se il sommario del Dramma istesso fu assai più lungo e minuto di ciò che fora stato necessario per farne ben intendere l'orditura il viluppo e la catastrofe. Essi vorranno eziandio indulgerci il mosaico finor fatto di francese e di italiano, dell'Ughesco e del nostro, in grazia dello scopo cui mirammo in farlo; onde, cioè, ognuno potesse da sè solo giudicar lo stile adoprato dall'autore nella versificazione del suo poema. Tutti coloro in ultimo i quali hanno letto l'Hernani potranno darci mallevadoria che ne compendiammo il sunto senza veruna astuzia disegnatrice a presentar l'opera dal suo canto difettoso o debole, e non già dal bello. Ciò premesso, potremo con più ingenuità ed arditezza dire l'opinione nostra; e nel dirla non altro faremo se non rimetterci al giudizio altrui. Che i lettori dunque, qualsisia la scuola cui essi appartengano, mettano la mano sulla coscienza loro, e dicano ove il possano con fede ed onore -, se mai nel Dramma in subietto vi è altra verità e naturalezza fuor di quella dell'ambizione di Carlo V.° all'Imperio, e dell'altra che una giovinetta come Dona Sol non ami un sessagenario qual'è Don Ruy.
I novatori intanto, ossiano i romantici, quelli che giungono fino a dir la Gerusalemme liberata inferiore a' Lombardi alla prima Crociata!!! sol perchè più istoricamente del Tasso il Grossi pinse ladroni e stramalvagi i Crociati, non altro argomento dicono e ripetono che verità di natura e d'istoria nel ritratto dell'uomo e de' personaggi istorici. Ebbene! Sieno essi i giudici con le loro leggi e i principii loro.
Evvi forse verità istorica traslocando in Aquisgrana la Dieta tenuta in Francoforte per l'elezione del successore di Massimiliano 1.°? Evvene facendovi presenziale Carlo V.°, il quale vi mandò senza dubbio i suoi oratori con grosse borse d'oro, perchè a lui fossero più spontanei i voti elettorali, ma non alcerto mosse dalla Spagna mentre vacava l'Imperio ed era eletto Imperatore? Ve ne è in cangiar di sito il mausoleo di Carlo Magno dal Coro della Cattedrale aquisgranese, ove ognun lo sà, in una catacomba? Ve ne è fingendo esistente nel 1519 quella fortezza di Fighera, che ognuno sà costruita due secoli dopo da Filippo V.°? O vi è infine verità di fatto nel dirsi oscurissimo (sombre corridor) il Santuario del Pilar, non che chiusa in una cassa (en sa châsse) l'imagine che vi si venera, mentre abbiam veduto, e tutti quelli che militarono in Aragona il videro certamente anche essi, all'aperto la seconda sul suo tronco di marmo, e luminoso il primo?
Non men falsata è quella, che con frase troppo forse impropria diremo, fisionomia morale del secolo XVI.° In tutto il Dramma si sente il tempo odierno con locuzioni e perfino parole, che non udiansi nè si poteano udire nell'età di Carlo V.° perchè non si avevano le idee e i sentimenti che esse esprimono. In tutto il Dramma sentesi quell'istesso che si sente nel Filippo di Alfieri allorchè si riconosce che in Perez parla non già il consigliere del Tiberio della Spagna bensì lo sdegnoso Astigiano. E dicasi altrettanto circa l'infedeltà del ritratto dell'onore castigliano, di cui il sig. Hugo volle far la passione operosa della tragedia, come il dimostra il suo titolo aggiuntivo. E fuor di dubbio che il cavaliere spagnuolo era, come ancora è, più di tutti gli altri cavalieri europei schiavo della sua parola d'onore. Ma che egli la desse di farsi uccidere altrimenti che con la spada in mano, andando cioè inerme a ricevere la morte alla semplice chiamata col suono di un cornetto, ciò non mai si vide nè nella cavalleria spagnuola nè in tutta la cavalleria del medio evo. Vi è oltreaciò l'inverosimiglianza, o meglio si dirà la contradizione fra il cavallerismo e la persona. Hernani visse fin dalla sua fanciullezza la vita fra pecorai e masnadieri. Indi è assurdo che egli abbia modi e sentimenti cavallereschi così vivendo in una condizione in cui fu cresciuto ed educato tutt'altro che cavallerescamente. Contraffatto è in ultimo l'ospitale onor magnatizio di Don Ruy. Ne' secoli della feudalità prepotente, e quasi fino a' giorni nostri (I), non era raro che un Barone desse rifugio e protezione nel suo castello ai banditi ed anche a' proscritti per crimenlese. Non mai però la dava al suo proprio e capitale inimico. Non voglionsi confondere nè le epoche nè i ceti in cui si esercitano talune virtù ammirande; ed è un travisar l'istoria morale dell'uomo o dell'uman genere dando all'aristocrazia quelle delle tribù patriarcali. Un inimico a morte trova asilo inviolato ed iuviolabile nella tenda dell'odierno Beduino (2); ma nol trovava nel castello baronale, e assai meno ove egli si avesse inimicato il magnate col tentativo di sedurgli o rapirgli la sposa.
Volgasi lo sguardo sugli altri personaggi, Carlo è egli sulla scena dell'Hernani quel che fu il funestissimo Carlo V nella sua vita domestica o sulla scena del mondo? Diremo arditamente, nò, e senza tema di dire il falso. I suoi non pochi bastardi il dimostrano invero incasto. Ma poetare che egli imitando Nerone corresse notturne fortune da libertino; che osasse introdursi di soppiatto e solo in casa di una donna, ove sa di potersi imbattere con rischio della propria vita in un assassino di strada pubblica; che si esponesse con pochi seguaci al cimento di un ratto, mentre gli è noto che all'istessa ora deve venire il rivale con i suoi masnadieri a fugar la bella; ch'egli infine andasse in persona dando caccia ad una masnada di scorridori; poetare questa incredibilità in un re di Spagna, è troppo beffarsi della verità istorica de' varj tempi. Teseo e gli altri eroi mitologici ben correano tali avventure. Non si ristavano di correrle anche i cavalieri erranti, che furono gli eroi delle genti moderne. Però nel secolo XVI eran già fuor di moda ne' re. Un principe giovine innamorato assoluto e potentissimo, qual era Carlo V, non andava nel secolo suddetto donneando di notte tempo per le case altrui, ma facea venir le altrui donne nella sua reggia. Un tal principe non che non dire ad un suo suddito ribelle
J'en veux à ta maitresse et non pas à ta tête,
vuole anzi più la testa che la bella del fellone, o le vuole tutte e due. Un tal principe non va con pochi cortigiani, bensì con mezzo esercito, ove gli prenda fantasia di andare a rapire una donna col rischio d'incontrare un suo nemico capitale. Un tal principe non punto esita si a dar fuoco al palagio in cui sa rifugiato un reo di maestà, come a decapitare chiunque gli dia refugio. Il signor Hugo infine ebbe molta benevolenza con Carlo V nel dipingerlo clemente. Alla quale pittura deggian fremere ne' sepolcri di quasi tutte le provincie della Spagna le ombre di Padilla, de' costui consorti nella Lega di Castiglia, e delle tante altre vittime immolate all'insazievole dispotismo onde non rimanesse nemmen la memoria della menoma tralle antichissime libertà ispaniche.
Innaturale è pure il personaggio dell'eroina. Il caso di una donna la quale, poichè è passata a marito, irrompa in ogni sfrenatezza, non fu infrequente, e massime nel ceto che è la fogna delle Capitali. Non meno infrequente fu che si desse in braccio perfino a' più riprovevoli per nascita vita e mestieri. Se dobbiamo infatti credere all'Alighieri (nella cui età vivea forse ancora per tradizione la memoria della turpitudine) Beatrice Vermandois, la nuora di Roberto il forte, la moglie del signore di Parigi, la genitrice di una dinastia, lordava il talamo nunziale con un beccaio parigino (3). Ma che una giovinetta ben nata ed educata si innamori alla follia di un pecoraio e masnadiere, ed il riceva in casa di notte, e voglia fuggir seco lui mentre il sà bandito, nè sospetta nemmeno che sotto l'agreste vestire dello scorridore vi è un proscritto grande di Spagna; ciò ne sembra impossibile non diremo già in una donzella di casato nobilissimo anche in una figliuola di fittajuolo o artigiano. Ed è futile la ragione che i difensori del signor Hugo adducono per giustificar questa innaturalezza; il predominio cioè de' bravi sullo spirito delle spagnuole. Certamente le spagnuole sono donne più delle altre donne in questo particolare, essendo instinto del bel sesso quello di predileggere il prode e di spregiare il codardo; niuno ne è convinto più di noi nell'averle per cinque anni viste ed ammirate sollevabili di mente alle prodezze, e potenti di eroismi bellici. Sulle mura di Girona contemplavamo le pugnaci eroine; un'eroina saragozzese rimase sola per dar fuoco al cannone di un baluardo donde tutti i guerrieri eran fuggiti. Ma dobbiamo loro con questo elogio anche la giustizia e verità che il signor Hugo mal le conobbe nel crederle capaci di spingere il fanatismo loro pe' coraggiosi fino al segno di fuggir dalla casa paterna per seguire incogniti masnadieri. Ciò è assai più che esagerazione; è falsità.
Mal si conosce inoltre il cuore umano, cui è natura che il forte amore sia indiviso da gelosia fortissima, poetando che Hernani prenda con ogni soavità e fiducia Dona Sol per isposa dopo che questa fu tutta in balia di un principe giovane ed amante. Ciò non seguirebbe neppur oggi che son si tepidi gli affetti. Indi è inverosimile che avvenisse tre secoli fa; tempo in cui conservandosi ancor molto di quella gagliardia di sentire de' secoli mezzani, si era assai geloso dell'onor conjugale perchè si amava fortissimamente.
Che diremo infine dell'innaturalezza inverosimiglianza ed impossibilità dell'ultima scena dell'atto 4.°? Carlo esce solo dalla tomba di Carlo Magno; esce solo in mezzo di congiurati; esce ingiuriandoli provocandoli sfidandoli. Ove sono iti i terribili giuramenti de' cospiratori di ferire come altrettanti romani, e morire come altrettanti ebrei? Ove è l'ira acerba implacabile ultrice di Don Ruy per l'oltraggio della rapita sposa? Ove è quella di Hernani che deve vendicare la morte del padre, il ratto dell'amante, e che pochi momenti prima si rifiutava alla restituzione del fatale cornetto offertagli da Don Ruy sol onde non perdere la gioia di sbramar la sua smania d'uccidere l'Imperatore? Non mai le violenti passioni vengono altrimenti infrenate e sospese ne' loro scatti di ferocia, che per intervento o di invincibili ostacoli esteriori, o di altre passioni più vive e possenti. Laonde a ben condurre che Carlo V. non fosse ucciso, a ben condurre che una scena di si tremendi giuri ed anatemi non si risolvesse in una sì inattesa inerzia, voleasi che le guardie del monarca entrassero innanzi che questi uscisse dal mausoleo. Cosi facendosi, lo scioglimento era naturalissimo. I congiurati sorpresi e sopraffatti da forza maggiore erano escusati del non ferire loro. Quindi il perdono nell'atto che eran sicuri d'andare a morte, placava alcuni. Il perdono con Dona Sol per isposa e col rendimento de' beni paterni, placava Hernani. La metamorfosi degli affetti operavasi entrando in azione affetti più poderosi della vendetta, quali sono l'amor della vita e di vivere con una amatissima donna in moglie fra le dovizie del paterno retaggio. Naturalissimo anche era che il solo Don Ruy rimanesse inulto ed implacabile contro Hernani almeno se non contro l'Imperatore; e ciò Servia di ottimo mezzo alla catastrofe finale del Dramma.
[...]
(I) Ne sappiamo vari esempi nel regno delle due Sicilie poco pria che i Napoleonidi vi abolissero il baronaggio.
(2) V. Viaggio di Pananti nella reggenza di Algeri.
(3) Vedi il Canto XX del Purgatorio.