Amélie, ou le manuscrit de Thérèse de L., par madame Martinetti née comtesse Rossi. 8. Rome, chez De Romanis 1823. (Un vol. di cart. 152.)
Noi non siamo soliti di profonder lodi a niuno di que' romanzi, chi escono tutto dì a bruttare le nostre lettere, e più che le lettere i gravi e interi costumi della nazione: perciocchè se stimiamo veramente degna e cortese l'opera di coloro, i quali con modi leggiadri e gentili imaginazioni si studiano d'indurci a piacere, sdegniamo però e fuggiamo que' tristi che ad altro non usano il bene dell'eloquenza se non a pubblica corruzione. E nel vero il più delle colpe, le quali troppo spesso sogliamo riprendere ne' giovinetti, noi le riputiamo infallantemente all'amore eccessivo onde si cercano d'ogni parte simili scritti: in che sovente i più sozzi ed orribili fatti sono non pure scusati, ma tenuti belli e magnanimi, e direi quasi santificati. Al che se aggiungasi, che tutte le cose vi sono sempre falsate così, che in quelle splendide pitture dell' uomo non è già più che si riconosca l'umana spezie, vedrassi come necessariamente chi forma se a tali esempj fantastici non dee poi sapersi trovar mai bene non solo fra suoi concittadini, ma in mezzo niuna civil comunanza.
Questo biasimo però non è tale, che non voglia anch'esso la sua eccezione: e sembra infatti che vivamente ce la reclami madama Cornelia Martinetti, fior di dottrina e di cortesia, in favore di cosa sì bella com'è questo suo romanzetto. Ed ella ne ha pienamente ragione: perciocchè l'Amalia è un'opera delle siffatte, da non sapersi ben giudicare qual cosa sia più, se leggiadra o istruttiva. Certo la Martinetti ha preso a trattare un tema, di che forse in questo vivere umano non può trovarsi il più caro ad un tempo e il più grave: quello cioè della felicità che debbono aver cura di procacciarsi scambievolmente il marito e la moglie: essendochè dall'amore e dalla pace de' conjugi provengano in gran parte nelle famiglie tutte quelle beatitudini, che le rendono poi per lungo tempo durabili ed onorate. Verissimo specchio di tutte virtù è quest'Amalia: una tenera sposa, una fedele amica, d'indole amabilissima, di bontà sincera, caritatevole, savia, cortese: non così tuttavia che subito non si conosca, esser lei pure una cosa di questa terra; rara alquanto a trovarsi, ma nondimeno trovabile. E perciò se alcuno prenderà ad imitarla, non imiterà egli, come succede nelle altre fantasie de romanzi, un oggetto, che non essendo mai stato in natura, non può assolutamente esser altro ch'oltre al possibile di nostre forze. Prudente avviso della nobile autrice, e degno che sia seguitato da quanti scrivono per comune ammaestramento: perciocchè ognuno ha sortito al mondo un suo luogo particolare: oltre al quale non è più stato felice, perchè non è più natura. Gli angeli, diceva un buon filosofo a certo accigliato censore, non sono altro che angeli: siccome i diavoli non sono che diavoli, e uomini gli uomini.
Questo giudizio intorno l'Amalia è meno nostro, che sia di molti pratici in fatto di lettere e di sana filosofia: ma sappiamo che molti non hanno tenuto buono aver l'autrice preferito di scriver francese piuttosto che italiano: quasichè abbia maggiormente cercato di gradire e d'essere utile agli stranieri, che a' suoi concittadini. Il che veramente a noi pure, così sul principio, non parve ben fatto: a noi che tanto amiamo sopra tutte le altre questa dolce e soave nostra favella. Chi tuttavia vorrà farsi con noi a difendere, come sembra dovere di cortesia, una donna sì valorosa, dirà: ch'ella in questa sua operetta ha solamente voluto mostrar ciò ch'ella vale anche nell'idioma francese: che tanto è contrario alla verità, potere in animo sì gentile cader mai verun brutto disprezzo della sua lingua materna, che noi abbiamo anzi una sua ferma promessa di scrivere in italiano un'altra opera, la quale certo desideriamo di veder presto alla luce: e che infine il parlar francese è tanto omai sulle labbra degl'italiani, che non v'ha quasi donzella o giovinetto studioso che non se ne piaccia, per non dire che si è già fatto una parte grandissima di pubblica educazione.
Il voler quì dare un'estesa notizia di tale opera, sarebbe molto difficile, anzi impossibile: tante e sì varie sono le cose, che l'autrice ha preso a discorrervi. [...]
Dopo averci l'autrice mostrato questa sua Amalia, giovinetta ed amabile, in mezzo tutte le conjugali felicità: ecco mutare a un tratto la condizione di tutte le cose, e darci a vedere la miserella anche nel colmo delle sventure. Il che ci pare che abbia fatto con prudentissimo avviso: non essendo dell'umana fortuna il poter correre questa vita sempre fra i piaceri ed il riso, senza che sia mai tocca di qualche amaro. Amalia, divenuta già madre, dovè perdere indi a poco il tenero frutto dell'amor suo. Rimasa incinta una seconda volta, non le fu possibile portare il feto, e si sconciò: di che ebbe a patire sì grave danno alla sanità, che dopo un lungo stare malata dove pur cedere nel fior dell'età al comun destino degli uomini.
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