Christine et sa Cour, par C. F. Van der Velde. Paris, Paul Renouard, 1827, in 8.°
Il secolo XVIII è memorabile per molti scrittori che fecero della storia romanzi. Il secolo XIX è tutto romanzi storici; Scott, Cooper, Manzoni, ed i satelliti di questi pianeti maggiori acquistano fede al mio dire. La Germania si vanta del suo Van der Velde, tradotto in francese dal sig. A. Loève-Veimars. Cristina e la sua Corte è uno de' Romanzi di questo scrittore tedesco. Né la Regina, né i dotti da lei trattenuti, né i favoriti della corte, potrebbero saper grado al sig. Van der Velde di averli dipinti in questo suo libro. Cristina, quella principessa celebratissima, non sa regnare con fermezza, né con decenza. Il dottissimo Salmasio sa il nome della seggiola in dieci lingue; ma non sa sedervisi sopra: egli è il più erudito di tutti i pazzi dell'Europa, Bourdelot è un epicureo, il quale non ammette se non che l'orribil dottrina di quel verso:
Ede, bibe, lude; post mortem nulla voluptas.
Meibonico è un pedante, che conosce solamente i libri dall'antica musica greca e romana. Naudeo non sa parlare che della danza degli antichi. Monaldeschi, il favorito di Cristina, è pieno di vizj: né migliore è Sentinelli. A rallegrare così fosca dipintura, introduce l'Aut. due giovani innamorati, Steinberg ed Ebba. Non sarà inutile trascrivere una bella risposta di questa fanciulla al suo Steinberg. Cercava questi, come zelator della Riforma, di persuadere ad Ebba che la Regina, non per convincimento, abbracciava la fede Cattolica; sì per essere meglio accolta in Francia ed in Italia. "Oimè, rispondeva la Donzella; che trista consolazione! Se la Regina ha potuto rinunziare alla credenza de' suoi padri, io vorrei che avesse abbracciato la nuova con convincimento, e cuore tutto sincero. Voi pensate, ch'Ella ciò abbia fatto per leggieri e terreni riguardi: questa sarebbe pure la terribil cosa. Se a voi fosse possibile provarmi che Cristina è una incredula, io non mi starei più un istante a servirla; e sono contristata di vedervi così indifferente per le cose sante, le quali dovrebbono premere di molto ad un'anima leale ed amante." Filosofica è la risposta del vecchio Steinberg al giovine suo nipote, ragionandosi tra essi del medico Bourdelot: "Costui vorrebbe cacciar della corte ogni sapere; e per qual ragione? Perché egli stesso è un ignorante." Ecco la chiave non fallace, che ci può far conoscere la ragione della guerra che i semi-dotti, i letterati da caffè, i giovani spiranti profumi e femminil mollezza, dichiararon mai sempre, e tuttora mantengono contra quegli uomini solinghi e modesti, che attendono sollecitamente a coltivare i buoni studj. Un versificatore infelicissimo dirà spregevoli le poesie altrui: un giovane, il quale non legga se non se romanzi, commedie, e fogli d'avvisi, dirà ch'e' non può sostenere la fatica di leggere una storia. Noi sentiamo sincera compassione d'essi, e gli esortiamo ad aver cura di lor salute, leggendo poco, e sopra tutto guardandosi dal leggere poesie di qualche rilievo, e volumi di storie diligenti ed esatte; ché alla fin fine son prette pedanterie. L'Almanacco delle Dame è più gradevole lettura, e non pute di lucerna.