La Vespa.
Nell'atto che pubblicavasi, non è guari, in Milano un foglio letterario nuovo, lo scrittore prometteva di non aver nulla in comune col vecchio da cui derivava. Anzi come pegno d'indole totalmente mutata, scambiò il titolo d'Ape in quello di Vespa.- Esce alla luce il primo quaderno, ma si ravvisa che se la Vespa cominciava a vivere, l'Ape non era morta. Mentre l'una pioveva mele, l'altra scoccava il pungolo; lo che avrebbe provato che sussisteva ancora comunanza tra loro, se la Vespa non avesse in certo modo protestato contro l'intrusa. Ma questa non badando alle proteste, ricomparve nel 2.° quaderno; e giù mele da un lato, giù punture dall'altro. Nuovo richiamo della Vespa, che non potendosi levar di fianco il mellifluo insetto, dichiara di non voler assumere la responsabilità di tutto quel mele (a). I leggitori forse transigerebbero colla Vespa, s'ella volesse darci tanta dolcezza sopra-mercato, assegnando al lavoro dell'Ape un soprapppiù delle pagine promesse in ogni quaderno: la carta non è mai inutile.
Parliamo ora un po' colla Vespa. Ella scelse a scopo prediletto del suo pungolo un'opera, che sotto l'egida della pubblica opinione pareva in salvo da ogni assalto. Quando una cosa alletta davvero si ha un bel agitarsi per mostrare ch'ebbe torto di piacere; l'ufficio tornerà sempre inutile; l'impressione è già fatta. Ciò non vuol dire però che il pungolo debba rimanersi inerte. La critica è nata colle produzioni dell'umano ingegno; ma ci ha modo e modo d'usarne. Dite senza più a un innamorato che la sua bella non ha che difetti, egli vi riderà in faccia; cominciate in vece per commendarne i pregi, e poi di quando in quando illuminatelo sulle imperfezioni, e allora vi ascolterà, se l'amore non è accecamento. Siamo nel caso pel Romanzo storico del Manzoni, cui la Vespa non andò già punzecchiando qua e là, ma su cui immemore del volo, non del pungolo, s'adagiò comodissimamente. - L'edizione dei Promessi Sposi fu esaurita in pochi giorni. Moltissimi leggitori che non furono in tempo di procurarsela, la chiesero a prestito; molti altri per averne gli esemplari li pagarono il doppio e il triplo del costo. Per tacer dei fogli italiani, quelli dell'estero ne fanno gli elogi. Se ne sta preparando una nuova edizione; il bulino e l'intaglio adoperano per procurarle un nuovo ornamento. Si vuol tradurla in Germania, in Francia, in Inghilterra: l'autore è festeggiato in patria e fuori; egli siede alle mense reali. L'Italia si proclama arricchita d'un genere di letteratura che le mancava. Contro questo torrente della pubblica opinione chi oserà misurarsi? Una vespa! Ah! se si volea screditar l'opera, perchè non fidare all'Ape l'impresa? L'Ape avrebbe sicuramente servito meglio agli interessi e allo scopo della Vespa che non la Vespa medesima.- Ciò detto, analizziamo i primi colpi di pungolo con cui sinora si è travagliata l'opera del Manzoni, e vediamo quali ferite vi abbiamo aperto. - "Il soggetto d'un romanzo storico (dice la Vespa), qualunque sia l'epoca e il fatto che l'autore ebbe in vista, debbe essere interessante più che si può. Se i personaggi che ne formano il nodo sono istorici, debbono conservare la proprio loro fisionomia; se immaginari, corrispondere all'epoca in cui è collocata l'azione, e all'importanza dell'azione medesima. La storia debb'essere combinata colla finzione, e la finzione coll'istoria, in guisa che l'una non possa, per così dire, star senza dell'altra. Il Romanzo infine deve procedere come un dramma, aver un nodo, uno scioglimento, uno scopo; l'azione deve conservare una tal quale unità, affinchè l'animo del lettore possa rivolgersi ad un certo oggetto, e gli episodj debbono esser connessi siffattamente all'azione principale, che concorrano all'andamento della medesima, e servano alla sua perfezione, in quel modo che tutte le molle giovano egualmente al movimento di una macchina." - Questa è la definizione esatta e giustissima del Romanzo storico, cui la Vespa proclamò, non già per applicarla a quello del Manzoni, bensì a quelli di Walter Scott. Noi, lasciando in disparte lo scrittore britanno su cui si è tanto detto e scritto, che l'aggiunger parole sarebbe tempo più che perduto, applicheremo invece i principj stessi della Vespa all'opera del Manzoni, nella quale appunto ravvisandoli tutti, non faremo che ritorcere contro di essa il proprio suo pungolo.
Che il suggetto dei Promessi Sposi sia interessante lo prova la spontanea universal confessione di quanti lo lessero in buona fede, di non averne potuto sospendere la lettura che a malincuore, e con grande impazienza di riprenderla. Che i personaggi storici o immaginari, i quali ne formano il nodo conservino nel Romanzo del Manzoni la propria loro fisionomia, e corrispondano all'epoca e all'importanza dell'azione, il provano i caratteri non mai traditi dei Promessi Sposi, che sono i protagonisti, non che di quegli altri individui che convengono nell'azione e che tutti conservano sempre nel corso della storia la fisionomia morale dell'educazione, delle costumanze, dei vizj, delle virtù e delle abitudini proprie dei tempi. Il voler nei romanzi restringere l'importanza dei principali personaggi alle sole classi elevate, sarebbe lo stesso che stendere il piede alla catena quando si può esser liberi. Col principio della Vespa infinità di Romanzi bellissimi avrebbero avuto l'ostracismo. Ci ha grandezza d'animo, virtù luminose, importanza in tutte le condizioni. E quanto più l'umiltà d'alcune è posta in conflitto colla baldanza d'alcune altre, tanto maggiore è quell'effetto drammatico che debbe essere lo scopo delle opere destinate a commuovere.
Che la storia sia combinata colla finzione e questa con quella in guisa che l'una non possa stare senza dell'altra, il prova l'opera del Manzoni, per riguardo alla quale anzi non esitiamo a dire che la finzione è talmente fusa nella storia che si saprebbe scernere l'una dall'altra. Infatti da questa fusione appunto, a cui l'autore volse i maggiori suoi studj, deriva l'interessamento che desta la lettura d'un romanzo che, a parer nostro, veste tutti i caratteri della verità.- In quanto al nodo, nessuno potrà negarlo alle venture dei Promessi Sposi, poichè dal cominciamento allo sviluppo, la condotta piana e regolare s'unisce naturalmente a episodj senza incontrare ostacoli. In quanto allo scopo esso è nobilissimo perchè morale, nè sapremmo al certo indicarne un migliore.
Infine, che l'azione conservi una tal quale unità e che gli episodj siano connessi all'azione in modo da concorrere all'andamento di essa, è provato del pari nell'opera del Manzoni con questo argomento: tolga la Vespa un solo degli episodj importanti dall'opera stessa, e ne vedrà l'orditura scompaginata a modo da non potersene raccapezzare il filo.
Se la Vespa voleva di botto veramente dar nel segno col pungolo, l'opera del Manzoni presentavale un lato vulnerabile in alcune prolissità, in certe minutezze e in parecchie non lodevoli locuzioni; le quali cose, quantunque possano risguardarsi come lievi macchie in molta luce, sarebbero da sopprimere o da emendare.
Del resto, sul conto di questo Romanzo o Storia che voglia dirsi, avendo noi, sino dal suo apparire, pubblicata l'opinion nostra, correvaci il debito di sostenerla contro un avversario, che non possiamo altronde confondere con quelli da noi immolati al silenzio o allo spregio. Costoro non sanno che il linguaggio dei trivii: colla Vespa, tuttochè abbia acuto il pungolo, si può, senza derogare, scontrarsi.
(a) La Vespa commenta con queste parole un articolo firmato B. che si legge nel 2.° quad. "Alcuni si maraviglieranno che la Vespa abbia inserito quest'articolo, non che i due riguardanti l'Esposizione di Brera, senza accompagnarli di qualche postilla; poichè sono pensati e scritti con intendimento totalmente diverso dal suo. Ma riflettete, o lettori, che le postille sarebbero state maggiori del testo; e ch'ella ha voluto lasciarlo correre tale e quale, a testimonio della sua buona fede e della sua tolleranza, ecc." Fin qui la Vespa - Noi aggiungeremo che l'articolo dell'Ape a cui essa allude, parlava d'una commedia del Goldoni recitata ultimamente al teatro Re, e terminava con questo dolciume: "V'ha un concittadino del Goldoni, autore lodato di commedie, attore impareggiabile in alcuni caratteri, fornito in somma d'ingegno e di gusto, il quale potrebbe forse meglio d'ogni altro RIPULIRE e RINGIOVANIRE, dirò così, parecchie commedie di quell'autore, e far in modo che ricompariscano sulle scene ABBELLITE E CASTIGATE." - Noi abbiamo troppo buona opinione di quello a cui è diretto questo consiglio, per credere ch'ei si lasciasse mai prendere all'esca dalla mellifluità onde quest'Ape lo ha intonacato. Un uomo intelligente ed esperto come il Bon. può benissimo talvolta puntare per la rappresentanza alcuna parte in qualche commedia del Goldoni; ma nessuno potrà supporre ch'ei non sia per respingere l'audace e gratuita insinuazione d'abbellire, castigare e ringiovanire i componimenti di quel grande maestro. Chi gli ha ringiovaniti davvero fu la massa dei barbari domestici di Talia, che aveano invaso le stanze nobili di quella musa, e che ora se ne stanno respinti nelle anticamere e alla porta. Il Bon sa troppo rispettare sè ed altrui per non associarsi nè pur coll'idea ad uno che nel dargli sì bislacco consiglio mostrasi fratel carnale di chi osò un tempo stampare una Scelta di Commedie di Goldoni, e per dir tutto: che Scelta!