LA BATTAGLIA DI BENEVENTO. STORIA DEL SECOLO XIII. SCRITTA DAL DOTT. F. D. GUERRAZZI.
Milano. Tip. Maspero 1829.
Non so che fama goda quest'opera, stampata a Livorno fino dal 1827, nelle altre parti d'Italia; ma certo nelle nostre contrade pochissima. Mi è accaduto spesse volte di farne cenno a molti. I più non l'avevano nè pure udita a nominare; due o tre soltanto, trovai che l'avessero letta. Fors'è cagione di questo il nome ancor nuovo dell'autore, che non potè ajutare per ciò il suo lavoro ad acquistarsi una pronta celebrità: fors'è cagione il suono che n'esce, il qual è di tale natura da non potersi subito intendere o gustare dagli orecchi comuni: forse quella non so quale recondita forza che combatte i libri più utili, contrastò anche ad esso l'essere rapidamente e popolarmente conosciuto ed amato. Ora, questa nuova edizione che se ne fa in Milano, mi dà speranza che la Battaglia di Benevento sarà più fortunata anche fra di noi. E tale speranza mi accresce lo stimolo a pregare di leggerla quei giovani; i quali credono esser vero ch'io non mi sia messo in questo malagevole cammino di giornalista, se non per recare a loro un poco di utilità; e credono che se m'inganno non è per difetto di buon volere, ma di valido potere; onde non diffidano delle mie opinioni, anzi volentieri le accolgono, volentieri le abbracciano. Sono persuaso che questa lettura produrrà in essi molti desiderabili effetti. Vedranno prima di tutto un bell'esempio di quello che non cesserò mai di ripetere, cioè del guadagno grande che farà sempre la nostra letteratura ogni qualvolta si adoperi sopra cose nazionali. Il soggetto principale e vero, intorno a cui il dottore Guerrazzi ha tessuto la sua tela d'invenzioni, è il fatto che die' termine alla dominazione Sveva in Sicilia e cominciamento all'Angioina. Per quanto poco sia lo studio che si usa di fare nelle scuole delle storie patrie, per quanto poco sia l'amore che si usa di mettere nella gioventù per queste storie; pure non molti saranno i giovani, io spero, i quali non sappiano, almeno così all'ingrosso, che molta parte nelle fortune d'Italia ha avuto la casa di Svevia, che moltissima n'ebbe l'invasione di Carlo, della quale durarono poi sempre gli effetti e durano tuttavia. Non dico questo, perchè i giovani vadano ad imparare tali cose nell'opera del dottore Guerrazzi; ma perchè conoscano l'importanza del soggetto, sopra il quale egli compose le sue mirabili poesie. E nulladimeno, anche per la parte storica, non perderanno affatto il loro tempo, se vorranno leggere la Battaglia di Benevento; perchè della casa di Svevia sono ivi narrate con senno di storico, non con fantasia di poeta, le principali vicende, il dominio ch'esercitò sull'Italia, e le mutazioni che vi cagionò da Federico Barbarossa sino a Manfredi; e di questo Manfredi tutt'i fatti sino a quelli che l'autore intreccia alle finzioni del suo poema. Della casa d'Angiò, del come venne in grandezza, di Carlo e dei motivi che lo stimolarono al conquisto del regno, e di altri personaggi famosi per grandi delitti o virtù o sventure, e dei fatti più notabili di quei tempi, è pur detto di storico quanto basta, io credo, a muovere nei giovani il desiderio di prendere fra' mani le cronache e le storie italiane, e di conoscere, se l'ignorano, tutto quanto è il vero di quelle nostre cose antiche, fino al giorno in cui Giovanni da Procida, abbattuta la stolta tirannide di Carlo, restituì il trono di Sicilia a Costanza figliuola di Manfredi, e spense, tranne uno solo, quanti francesi erano nell'isola. Già col solo spuntarle di questo desiderio, avrebbe molto guadagnato la gioventù dalla lettura della Battaglia di Benevento. Ma il guadagno maggiore sarà quello di trovarsi ad ogni tratto sollevata l'anima dalla potenza di alti pensieri, ed il cuore commosso dalla forza di generosi sentimenti; poichè veramente di alti pensieri e di generosi sentimenti va tutta piena e risplende quasi ad ogni faccia la nobile fatica del sig. Guerrazzi. Io veggo le intenzioni di questo scrittore manifestamente rivolte ad un gran fine, che non so quanti scrittori in Italia abbiano volontà o coraggio di proporsi; io veggo le sue forze per condursi a questo fine di tale tempera, che non so quanti scrittori in Italia possano vantarsi di possederle. Il Guerrazzi è giovane. Ov'egli continui sempre progredendo, com'è da credersi, nella via che ha cominciato; le moderne lettere italiane si aspettino pure da lui opere che saranno utili e dilettevoli ad un tempo, che saranno valide a toglierci gran parte di quell'invidia che dobbiamo portare alle moderne lettere straniere. Se per non essersi ristampata la Battaglia di Benevento, per quanto io sappia, che questa sola volta in Milano; se per mancar'essa di banditori che la gridino nelle città, nei borghi e nei villaggi; se per non venir essa di quando in quando rammentata con lode in qualche giornale od altrove; vi fosse taluno che mi tenesse stranamente parziale verso l'autor suo, il quale non ho mai conosciuto nè veduto, e ripugnasse per ciò a credere quello che dico e presagisco; oh di grazia, prego, ch'egli lo legga, questo romanzo, che lo giudichi da vero uomo, da vero italiano, da vero letterato; e poi mi risponda, se non è giusto di così dire e presagire di chi pensa, sente e scrive a quel modo. Ho detto anche scrive, perchè lo scrivere del sig. Guerrazzi non è per nulla inferiore al suo pensare ed al suo sentire. Della qual cosa sono certo che pochi vorranno maravigliarsi. Piuttosto vi sarà chi si maravigli udendo che que' suoi modi non ordinari di pensiero e di sentimento nol traggano fuori quasi mai dal corretto e puro scrivere italiano; e che questa purità e correzione non renda il suo stile nè uniforme, nè affettato, nè oscuro, nè contorto; ma segua sempre quella continua varietà in esso stile ch'è richiesta dal continuo variare del soggetto, e si accompagni pur sempre a quella facilità e naturalezza, che dee renderlo tanto cara al popolo, quanto agli uomini di gusto.
Non predico questo lavoro del sig. Guerrazzi come lavoro che non abbia qualche parte meritevole di censura. Già uno che va salendo di buon passo ad occupare i primi gradi della Critica in Italia, ne ha notato insieme alle molte bellezze anche i non pochi difetti, in un articolo stampato nel N. 92 dell'Antologia di Firenze. Io so di non essere tale da poter mettere con isperanza di meglio le mani, dov'altri tanto bene le ha poste; nè le pongo. Ma un cenno che mostrasse alla gioventù di queste provincie come degna, come utile da leggersi la Battaglia di Benevento, mi parve pure necessario di farlo. Non ignoro che quest'opera è destinata ad avere, anche fra noi, molti nemici, e di vario genere. Spero che i più numerosi saranno quelli che non vorranno amarla unicamente per essere lavoro battuto al conio di una scuola straniera. Dico di sperare sieno i più numerosi; perchè con essi posso fare qualche discorso; cogli altri nol posso; e potendolo, proverei una gran pena nel farlo. E già il discorso stesso che terrei ai primi sarebbe brevissimo; ma tale, credo, da metterci facilmente d'accordo. Poichè, non toccando nè offendendo in alcun modo le loro ragioni puramente letterarie; le mie parole li pregherebbero soltanto di considerare, che le lettere medesime, non diverse in questo da tutte le cose operate dagli uomini, devono anch'esse piegarsi alle condizioni, e diciamlo, agli usi dei tempi; se pur vogliono proporre a se stesse un qualche nobile fine, e se pur bramano da vero di conseguirlo. Per non contendere, concederò ad essi, che il Romanzo storico sia una maniera di composizione che si allontani dalle regole e dagli esempi che abbiamo ricevuto dai nostri meglio scrittori. Ma li pregherei ad osservare che se il popolo italiano desidera, come sembra, questo genere di libri, se li ama, se volentieri li legge; è da lodarsi ch'altri si valga di questo mezzo potente a diffondere nel popolo italiano gli elevati pensieri, i generosi sentimenti. Le questioni sopra tale o tal altra regola per rispetto alla forma e alle parti rettoriche di un libro, sono questioni che rimangono nei gabinetti dei letterati, che non escono fra il popolo, e che pochissimo possono essere curate dai filosofi. Per il popolo l'importante è se un libro sia dilettevole da leggersi: per il filosofo se sia utile da leggersi. Il filosofo conviene poi col popolo in questo, che non reputi mai molta l'utilità di un'opera, quando, avuto riguardo alla materia trattata, il piacere non inviti alla lettura di essa il maggior numero possibile di uomini. Benchè sappia di confessare una cosa che dispiacerà a qualcheduno; nulladimeno io confesserò liberamente di essere d'accordo con Lessing, con Herder, con Schiller, con Schlegel e con tutt'i moderni critici della Germania nel pensare, che le opere d'immaginazione debbano avere un fine più nobile ed elevato che quello di produrre sensazioni piacevoli od appassionate. Io mi unisco volentieri alla Critica tedesca nel credere, che la letteratura debba prendere parte negl'interessi della società; e nel considerarla come destinata ad esercitare un grande dominio sopra la massa del popolo, destinata ad ajutare potentemente lo sviluppo della civiltà generale e particolare di ciascuna nazione. Onde mi godo molto e mi consolo, vedendo gl'Italiani entrati con sì lieti auspicj in questo gran campo dei Romanzi Storici, in cui danno quasi certa speranza di sempre maggiori successi. Che non se ne stanchino, prego; che non guardino tale fatica come una cosa di moda transitoria o come una bella prova da mettersi in gara d'ingegno collo straniero. Ma la osservino con quell'alta ed utile considerazione, colla quale mi sembra manifesto averla osservata ed effettuata il sig. dottore Guerrazzi; cioè come un gran soccorso alle anime popolari per isvegliare in esse molte nobili virtù, e rialzarvi molti depressi sentimenti:. Abbondante, varia, bellissima materia troverà nelle storie italiane chiunque voglia valersene a comporre una tessitura di vere in parte ed in parte immaginate vicende, a cui proponga un intendimento utile e generoso, che s'insinui con diletto nella mente dei lettori. Piccol danno è per il popolo se confonderà talvolta l'accaduto col finto, se aggiungerà alcune circostanze ad un vecchio fatto, se ne ignorerà alcune altre: ma grande sarà l'acquisto, quand'abbia messo un'utile verità nel suo intelletto; grandissimo, quand'abbia radicato un alto sentimento nel suo cuore.
BIANCHETTI.