Romanzi istorici di Walter Scott, volgarizzati dal prof. Gaetano Barbieri. — 12. Milano, per Vincenzo Ferrario 1822; tomi otto.
Se gl'italiani vogliono un nostro consiglio, noi lo daremo qui di buon grado; ed è, che non pure si tengano dal tradurre altri romanzi, ma quelli gittino al fuoco, che sono loro alle mani. Chè certo non v'ha peste peggiore di questa, nè più meritevole dell'abbominio de' savi: la quale pel poco nostro vedere ha tutto oggimai contaminato il bel paese d'Italia, e guastone il puro scrivere, e imbastarditi miseramente i costumi. Imperocchè ne' romanzi si vuol questo considerare; ch'essi non sono altra cosa se non il risultamento, anzi il ritratto, dell'educazione di chi gli scrive. E per lo più chi gli scrive è un freddo settentrionale: che lontano da noi di paese, come di leggi e di costumanze, ben si vede che non può altro dipingerci se non gli abiti del suo animo. I quali noi non potremo aver mai com'essi gli hanno: e chi ne vuol le ragioni, leggale in qualche libro di fisica là dove parlasi intorno i diversi climi. Potremo bensì mischiare colle straniere le consuetudini de' nostri avi: e farne uno strano impasto: è più saper quasi di che nazione veniamo: ma esser veri e buoni tedeschi, e francesi, e britanni, oh sì nol potremo giammai. E però saremo scimie e non altro. Sicchè tempo è oramai, tempo di ritrarsi da queste ciance: e pascer la mente non di favole, ma del vero: cercando le certe ragioni della favella nei nostri classici, i cui modi sono diversi affatto da quelli delle altre nazioni: e cosi le vere norme del vivere nell'alta scuola degl'istorici e de' filosofi; non già per entro a que' vuoti racconti, in che si pongono a veder gli uomini tutto affatto al contrario da quello che sono in terra. Il che tanto è la verità, che per questo principalmente il celebre Pindemonte s'indusse a far pubblica la sua bella versione dell'odissea, siccome con alto senno ci fa saper nel proemio. Potrei anche aggiungere, così egli, essermi andato per la mente questo pensiero, che opportuno fosse il richiamare in qualche maniera l'attenzione sovra un poema, nel qual s'imita sì scrupolosamente e con tanto di maestria la natura, in un tempo che alcuni dipingono, e con grande applauso, ne' versi, non già l'uomo di lei, ma quello bensì, che lor piace più, della fantasia loro. Sì che par quasi, che dove i poeti si contentavano di rappresentar la più nobile delle creature come la natura sin qui formolla, questi volessero che la natura formassela da ora innanzi com'eglino la rappresentano.
Nè si dica aver noi alcun odio al chiarissimo Walter Scott. Egli ha scritto pe' suoi ultimi boreali, e glie n'è venuto un nome immortale. Ma noi italiani dobbiamo amar caramente la nostra patria: e tener cura soltanto delle cose che le sono utili, nè per niuno rispetto mentir del vero; lasciando poi alle altre nazioni le libere lodi e il giudizio de' loro scrittori.